Una transizione ecologica programmata deve escludere dalla produzione di energia prima le grandi industrie multinazionali private perché anche se fossero italiane, la natura del massimo profitto e la poca attinenza ad aprire a processi di socializzazione economica sono e saranno sempre causa dell’instabilità dei prezzi. Le caratteristiche menzionate contraddistinguono la natura delle multinazionali e non possono, in questo settore strategico, soddisfare e tenere in piedi la nostra economia fatta prevalentemente di piccole e medie industrie. Sono proprio queste ultime che subiscono la crisi energetica. La chiusura di molte piccole aziende e molte altre che hanno iniziato a dilazionare i pagamenti delle bollette sono sotto gli occhi di tutti. La nazionalizzazione ed i prezzi dell’energia calmierati devono essere fatti soprattutto per salvaguardare la nostra piccola economia.
Non possiamo quindi permettere ai grandi privati e alle multinazionali di prendere in mano il controllo delle fonti rinnovabili. Saremmo punto e a capo.
In questo settore la Cina la fa da padrona. I maggiori produttori al mondo di polisilicio, materia prima per produrre le celle fotovoltaiche, sono i cinesi. Essi sono stati in grado di aumentare nel giro di un anno i loro prezzi, registrando aumento dei profitti operativi lordi fino al 70%. La conseguenza è stata che il prezzo del modulo che mettiamo sui tetti delle nostre case è salito alle stelle. La forte richiesta nel mercato globale e il regime di quasi monopolio della Cina ne manterrà alto il costo per molto tempo, questo dicono gli analisti del settore. In Italia, fortunatamente, per le rinnovabili ci sono già in corso dei percorsi di democrazia economica.
Come già annunciato nel nostro programma bisogna incentivare l’autoproduzione e l’autoconsumo in questo settore strategico sia per uso civile che industriale. Creare cooperative di produzione e consumo su larga scala come l’esperienza italiana della coop è nostra. E’ importante incentivare come si è appena iniziato a fare le Comunità Energetiche mirate all’agricoltura dove più aziende del settore cooperando possono autoprodurre e consumare energia rinnovabile. Va permesso, anche su vasta scala, che aziende piccole e medie di qualsiasi settore possono adattare contratti di joint venture a processi di cooperazione coordinata con aziende di produzione energetica rinnovabile delle stesse dimensioni. Anche se i grandi impianti di produzione e stoccaggio di energia elettrica da fonti rinnovabili secondo noi dovrebbero essere controllati solo da aziende dello Stato e gestite a costo zero senza profitti né perdite, può essere egualmente conveniente che piccoli e medi produttori di energia green contribuiscano alla necessità di consumo di singole aziende di produzione industriale o di servizi siglando contratti di mutuo interesse. In questo consiste la cooperazione coordinata, accordi di reciproco aiuto ripristinando percorsi mirati e bilaterali di produzione e consumo.
Nel fotovoltaico come nell’eolico come per altre energie rinnovabili vanno messi in piedi stretti controlli su pratiche di dumping commerciale. Va ricordata la decisione della UE di sanzionare dal 2013 al 2018 i colossi Cinesi del fotovoltaico per pratiche economiche scorrette che impedivano ai pochi produttori europei di competere sul mercato. In ultima analisi, se si vuole seriamente accelerare la transizione ecologica, è arrivato il momento che il Governo e il Parlamento si prendano l’incarico di creare delle filiere produttive italiane almeno per il fotovoltaico ed in generale per le rinnovabili. Reputiamo altamente pericoloso, come sta succedendo per il gas Russo, dipendere per il fotovoltaico dal colosso Cinese. Sull’energia non si può più avere dipendenza dai mercati esteri, ne vale dell’autonomia, della crescita e del futuro della nostra economia.
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(FINE TERZA PARTE)