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Campagna contro le Privatizzazioni

La situazione: Privatizzazione dello Stato

  1. Politiche del libero mercato

La sudditanza del pubblico al privato e alle privatizzazioni, nasce in tutto il mondo dall’indebolimento del pubblico, con il sopravvento degli appalti al ribasso, lo sfruttamento dei lavoratori, la nascita di contratti flessibili e la gestione a fini di profitto, anche se contrattualizzato, delle proprietà pubbliche.

Dagli anni 80 fino ai primi del 2000, la politica comune delle privatizzazioni ha contrassegnato uniformemente il mercato economico europeo, considerando la proprietà pubblica (locale o statale) come ostacolo che penalizza il funzionamento del cosiddetto libero mercato.

  1. Psicologia delle privatizzazioni

Le privatizzazioni dei settori chiave pubblici (distribuzione energia elettrica, gas, acqua, sanità, ecc.) piacciono ai ricchi. Ciò porta all’indebolimento della rappresentanza politica e dei corpi intermedi, al rafforzamento e incremento del sistema delle lobbies, avvalorando l’accettazione dell’idea individualistica su quella collettiva.

Pertanto, il sistema spinto delle privatizzazioni rinforza la psicologia dominante privatistica e mercantilistica, unita ad un senso cinico dell’essere individuo, indebolendo contemporaneamente il concetto di responsabilità etica verso il bene collettivo.

Ogni volta che il sistema dei valori capitalistici perde consenso, si verifica un’accelerazione delle politiche di governo verso le privatizzazioni. Obiettivo dei capitalisti è persuadere la società che i valori mercantilistici sono il bene sociale più alto. Questo impoverisce la collettività delle sue ricchezze.

Con l’aumento delle privatizzazioni si concretizza il passaggio della gestione delle pensioni dal settore pubblico a quello privato, l’aumento del peso economico delle finanziarie, delle assicurazioni, finanze dei servizi, finanza speculativa, delle consulenze fiscali e finanziarie.

  1. Corruzione, sistema politico e privatizzazioni

Il processo di dismissione e alienazione di importanti quote di mercato pubbliche a settori economici privati ha visto, in Italia in particolare, l’intersecarsi del fenomeno di tangentopoli. Sono state le aziende pubbliche delle Partecipazioni Statali ad essere l’obiettivo dell’operazione “Mani Pulite” degli anni 90. In realtà il capitalismo ha capovolto il significato di “Mani Pulite” diffondendo l’idea che le società a partecipazione statale sono inefficienti e corruttibili. Il corto circuito che poi è avvenuto nei legami tra finanziamento occulto ai partiti, nomine dei consigli di amministrazione delle aziende pubbliche e influenza partitica sulle scelte manageriali, ha comportato lo sgretolamento del sistema industriale italiano. La corruzione avviene anche in forme diverse, come benefit e ricche consulenze.

Infatti, le industrie pubbliche, con una programmazione industriale nel medio-lungo periodo, hanno sostenuto lo sviluppo del sistema industriale italiano. Invece, le grandi holding private impattano solo nel breve periodo, in quanto interessate ad un utile ravvicinato nel tempo.

  1. Privatizzazione e criminalità

Infine, esiste specialmente in Italia un altro problema di fagocitazione da parte della criminalità organizzata e da associazioni di stampo mafioso delle imprese private, anche di grandi dimensioni. Oramai mafia, ndrangheta, camorra, sacra corona unita sono penetrati capillarmente nel tessuto produttivo italiano e non solo, quindi ogni privatizzazione mal sorvegliata e gestita è un regalo nelle mani della criminalità, aumentando il rischio di infiltrazioni di capitali mafiosi nei processi di privatizzazioni.

  1. Gli imprenditori hanno trovato nuove risorse per fare profitti.

Le risorse rimaste, per poter ricavarne dei profitti, sono i beni e servizi essenziali, che non erano stati ancora toccati dalla privatizzazione e che mai si sarebbe pensato potesse succedere: Acqua, luce, gas, fognature, comunicazioni, poste, ferrovie, sanità, etc.

Lo slogan utilizzato dai capitalisti è che la gestione privata è più “efficiente”. Ma alla fine nella maggior parte dei casi non è così, perché l’obiettivo è il profitto. MDE propone una gestione basata sul consumo.

Articoli della Costituzione che definiscono la proprietà privata o pubblica o di enti.

Articolo 41

L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali [cfr. art. 43].

Articolo 42

La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.

La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.

La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale. La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.

Articolo 43

A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.

MDE propone una chiara suddivisione del lavoro

   Aziende Pubbliche, Cooperative e Aziende Private.

Le Aziende Pubbliche

Sono l’ago della bilancia dell’economia del Paese, responsabili della produzione e distribuzione di materie prime, di beni e servizi fondamentali per la società. La produzione e la distribuzione di materie prime come energia, acqua, gas, petrolio, acciaio, filati, edilizia, attività estrattive, etc. secondo MDE devono essere gestite come aziende Pubbliche secondo la regola di “Ne’ perdite né profitto” per mantenere bassa l’inflazione (tenendo bassi i prezzi delle materie prime).

Servizi CHIAVE come Sanità, Poste, Banca Centrale, Forze armate, Sistema giudiziario, Vigili del Fuoco, Strade e Autostrade, Ferrovie, Telecomunicazioni, Gestione rifiuti, ecc. dovrebbero essere gestiti dalle amministrazioni pubbliche locali o statali per evitare le inevitabili speculazioni della gestione privata.

Le aziende Pubbliche delle Amministrazioni locali o dell’Amministrazione statale, hanno un ruolo importante nel regolare l’economia del paese. In effetti con il metodo di “Né profitto ne perdite” riescono a contenere gli inevitabili aumenti dei prezzi delle materie prime, nel settore privato spesso aleatori, creando inflazione e danni ai consumi dei cittadini. Ad esempio l’aumento del prezzo dell’acciaio causa l’aumento dei prezzi di molteplici prodotti, essendo utilizzato in una miriade di aziende: edilizia, metalmeccanica, navale, automobilistica, trasporti etc. L’azienda privata, come il caso dell’Ilva di Taranto, non ha interesse alla salvaguardia dell’ambiente e della salute dei cittadini, piuttosto a massimizzare i profitti. Il prezzo delle materie prime va tenuto uniforme indipendentemente dalle quantità richieste.

È una nuova visione nelle relazioni industriali, commerciali e produttive agricole.

Altre Proposte

  1. Costituzione di una scuola obbligatoria per manager e quadri pubblici del settore industriale, simile all’École Nationale d’Administration (Scuola nazionale di amministrazione, ENA) in Francia. L’ Italia ha una Scuola Superiore di Amministrazione ma è riferita solo ai dirigenti della PA, ma non è presente una scuola per i manager del settore industriale pubblico, che generalmente provengono dal settore privato, quindi con quelle stesse logiche. Si supererebbe il rischio di nomine clientelari e invece si darebbe precedenza al principio delle competenze lavorative.
  2. Scuola di formazione per Titolari di PICCOLE-MEDIE imprese
  3. Adozione del Regolamento per gli amministratori pubblici redatto dalla Amministrazione del Comune di Barcellona (Spagna) e già adottato in Italia dal Ministero del Lavoro per le Amministrazioni Pubbliche e applicato ad alcune (Consiglio Regionale della Sardegna…).
  4. Sburocratizzazione e semplificazioni delle normative sulla gestione delle aziende pubbliche al fine di rendere competitive le aziende a partecipazione statale.
  5. Costituzione in ogni ente pubblico (comune, provincia, regione, governo) di un comitato per la gestione pubblica delle risorse dei settori chiave (energia, gas, rifiuti, telecomunicazioni, strade, sanità) dando preferenza alla formula pubblica, rispetto a quella privata.
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